9 giugno 2025

Abbandono, degrado e troppe questioni aperte: i luoghi di Giuseppe Verdi ristagnano nell'incuria (a cominciare da Villa Sant'Agata)

Ci sono le cassette delle lettere con la corrispondenza dentro e chissà chi e quando la ritirerà. Nel frattempo ci pensano ragni, vespe e insetti vari a farsi largo. Ci sono erbacce davanti a quello che un tempo era la biglietteria e ragnatele vistosissime che penzolano sulla porta d’ingresso e c’è il giardino storico, tanto caro al maestro, ridotto ad una foresta. C’è il parcheggio vuoto laddove un tempo pullulavano le auto e ci sono addirittura i servizi igienici pubblici chiusi (da tempo): aprissero almeno quelli, per quei pochi che passano e potrebbero aver bisogno e c’è una strada, quella che attraversa Sant’Agata dove, per quanto siano stati posizionati i cartelli col limite di velocità a 30 km/h, auto e moto sfrecciano come se si fosse in un autodromo e tutto tace (qualche multa non guasterebbe e forse sarebbe il modo per convincere la massa a tenere il piede alzato dall’acceleratore): finora ci hanno rimesso un paio di gatti (e dispiace) e c’è solo da sperare che la prossima vittima non sia una persona. “Desolazione” è il termine più gentile (ce ne vorrebbero altri più chiari) per descrivere la situazione di Villa Verdi, a Sant’Agata, dimora tanto cara al più grande musicista e compositore italiano, oggi divenuta uno dei tanti emblemi (perché ce ne sono davvero tanti) delle italiche nefandezze. Questo sarebbe uno di quei periodi in cui si sarebbero registrati i più alti afflussi di turisti. Oggi, e non certo da oggi, i turisti se la sono data a gambe levate: non certo per loro volere ma come ovvia conseguenza della perdurante chiusura della Villa. Villa che è certo in fase di  consolidamento, lo dimostrano le parti laterali coperte da impalcature posizionate  per eseguire lavori urgenti di messa in sicurezza, finanziati per 370mila euro. Le criticità strutturali di questo bene di straordinario valore, su tutte le infiltrazioni d’acqua e le notevoli macchie di umidità, sono note da tempo. Già tre anni fa il sindaco Romano Freddi aveva sollevato preoccupazioni riguardo al distacco delle terrazze e di parti murarie. Del resto bastava passare davanti alla villa per notare la situazione. Ora i lavori, dopo lunga e penosa attesa, sembrano essere iniziati; è stata anche posizionata la nuova recinzione lungo l’intero perimetro della villa e sono state anche messe le telecamere dopo che era emerso almeno un tentativo di effrazione (risulta, sentendo alcuni testimoni, che comunque, prima che la recinzione nuova venisse messa, almeno nel parco le intrusioni non autorizzate sarebbero state più di una e anche più di due). Nella speranza che nessuno sia riuscito a introdursi all’interno dell’immobile e auspicando che nulla di quanto contiene sia stato asportato, restano alcune domande: a quando la riapertura della villa? A quando il completamento dei lavori? A quando il ritorno ad una attività turistica degna di questo nome che porterebbe solo benefici (e chiaramente lavoro, con tutto l’indotto che ci potrebbe essere)? Quale è la situazione interna della villa? Perché, dal momento che si tratta di un bene pubblico (doveroso ricordare che è divenuta di proprietà dello Stato), non organizzare una apertura interna “straordinaria” per melomani, esperti d’arte, giornalisti e fotoreporter per chiarire e mostrare, senza che vi siano dubbi, la situazione reale della villa? In attesa che queste domande ottengano una risposta (ma ce ne sarebbero tante), resta la desolazione, quella data dall’incuria che comunque è evidente ed ancor di più quella data dalle condizioni dei luoghi verdiani, con una serie di situazioni che, nel giro di pochi chilometri, si commentano da sole. Basti pensare che dalla Villa si passa all’ospedale “Giuseppe Verdi” (fondato e pagato…sì, proprio così, pagato dal maestro che lo ha voluto per  i poveri della zona), ormai da tempo inutilizzato dopo che la unità spinale è stata trasferita altrove per volere di chi è abituato a prendere decisioni sulla testa della gente senza importarsene particolarmente e facendo ragionamenti esclusivamente di carattere economico (il dio denaro, come sempre…purtroppo) arrivando anche  a calpestare palesemente le volontà testamentarie del fondatore. Non serviva un grosso sforzo mentale per immaginare che i malati spinali avrebbero avuto bisogno di un luogo di pace, lontano dalla confusione, in mezzo al verde: ma chi è abituato a prendere decisioni col “pallottoliere”, e non col cuore, difficilmente potrebbe pensare queste cose. Al posto dell’ospedale (voluto dal maestro Verdi per i poveri della zona, andrebbe ripetuto, scritto e riscritto decine di volte) si dice che sorgerà il Centro Paralimpico del Nord Italia (chi vivrà vedrà, dice un vecchio adagio…); per ora ci si limita a ricordare che la scritta “Ospedale Giuseppe Verdi” si è sgretolata da anni ed è stata rimpiazzata con uno striscione di plastica (si lascia ai lettori ogni commento), ma almeno è stato ritrovato (dopo mesi, in un canale) il busto del maestro che era stato rubato dopo che, da decenni, si trovava davanti all’ospedale. Lo storico mulino del maestro, in via Castellazzo, parte integrante della storica tenuta Piantadoro che appartenne al Cigno, è da tempo ridotto ad un rudere ed è in vendita ad una cifra di poche migliaia di euro. A Busseto il centralissimo Palazzo Orlandi (dove il maestro visse e compose) è divenuto di proprietà della Siae ma, comunque, i fatti dicono che è completamente chiuso da anni e nulla si muove ed il museo nazionale “Giuseppe Verdi” è chiuso dal 2020 e, nel frattempo, è anche morto il suo fondatore. Chissà che un giorno i luoghi verdiani (tutti) possano tornare a  risplendere, ad accogliere un turismo degno di questo nome, capace di far fare un balzo importante al turismo, a beneficio di entrambe le rive del fiume. Oggi, tutto questo, non accade.

Eremita del Po

 

Paolo Panni


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commenti


Riccardo

9 giugno 2025 09:21

Verdi è morto nel 1901. Siamo nel 2025. A chi interessa più valorizzare questa storia? È una storia che stride con l'oggi: Verdi fu senatore e MAI si approfittò dei fondi pubblici (non usò neppure il carnet dei biglietti ferroviari per girare nel Regno... gratis), costruì con fondi suoi un Ospedale per la cittadinanza... era un visionario ed un rivoluzionario. Oggi la politica approfitta di tutto ciò che può e anche oltre se possibile, promuove le costruzioni di nuovi Ospedali non perchè servano, ma perchè fanno sempre comodo "gli storni" e l'affermazione del potere di affidamento incarichi e di assunzioni varie. Verdi è stato scomodo in vita, anche se osannato, e lo è anche oggi perchè il suo ricordo scuoterebbe le menti assonnate.
La politica è resilienza, è mobile qual piuma al vento, muta d'accento e di pensiero.

Dicione

9 giugno 2025 11:39

Giuseppe Verdi era un agricoltore