Bredalunga, recuperare la memoria e ripartire dalle radici
E’ stato un piacere e un onore seguire la vicenda della famiglia Troiano nel recupero della Cascina Bredalunga, a Sesto ed Uniti, e in particolare dell’oratorio ottocentesco. Scoperta quasi per caso da chi scrive, questa - una cascina- è stata addirittura comune nel XIX secolo, popolata e popolosa nel corso del 1900 per poi, inesorabilmente, spopolarsi negli anni ’70, nel periodo definito ‘esodo dalle campagne’.
Una bella storia di recupero, un unicum nel panorama locale contraddistinto invece da cascine che per anni hanno ospitato decine di famiglie e che in pochi decenni si sono spopolate, decadendo da vitali centri produttivi ad enormi complessi edilizi, abbandonati e cadenti.
E come Bredalunga ne potremmo nominare a decine: da Malongola di Malagnino, altra cascina paese oggi disabitata alla Cascina Alluvioni di Stagno Lombardo, con le sue suggestive architetture. E poi la grande Cascina Soldi a Ognissanti, che ospitava persino le scuole o la Cascina Sabbioni a San Daniele Po, solo per citarne alcune, ma l’elenco completo sarebbe lungo, quasi infinito.
Perché? Come mai queste cascine oggi non hanno più valore, anzi sono spesso un debito? Cedute insieme alla terra, ormai non servono più a nulla perché l’agricoltura ha cambiato pelle nell’ultimo mezzo secolo: con la meccanizzazione si è ridotto il numero di braccia necessarie per coltivare i campi e allevare gli animali; le stalle ora non hanno più muri perimetrali né soffitti bassi da quando non servono più come luoghi di ritrovo mentre fieno e paglia non vengono più stoccati sui fienili. Portici, case coloniche, stalle, pollai: sono diventati dei non-luoghi perché non hanno più una funzione produttiva. Il mondo è cambiato, la società è cambiata, la cascina non serve più e non vale dunque la pena spendere soldi per mantenere in piedi tetti e muri.
Il progresso ha portato l’agricoltura in un’altra direzione, sempre più lontana dalla cascina tipica del secolo scorso. Le lasciamo allora cadere lentamente? Il tema non è meramente architettonico, in quanto la domanda da farsi è quale possa essere poi lo scopo di un’eventuale ristrutturazione, visto che appunto, la cascina, oggi ha perso la sua funzione produttiva.
Questi complessi architettonici sono dei veri e propri musei a cielo aperto, tutte hanno una storia da raccontare, alcune sono veramente antiche, edificate secoli fa su territori che poi hanno subito invasioni, guerre, carestie, pestilenze; edifici che hanno silenziosamente testimoniato la storia delle nostre campagne, fatta di piccole e grandi vicende umane.
Torniamo a Bredalunga e troveremo sui muri delle case i fori dei proiettili delle mitragliatrici alleate durante la Seconda guerra mondiale, oppure le povere case coloniche in fila una accanto all’altra, i pollai e le stallette del maiale; troveremo ancora anche la scritta a vernice bianca su un muro: W Coppi ʍ Bartali, che testimonia la passione sportiva e politica che divideva il tifo tra il socialista Coppi e il democristiano Bartali. E -curiosità- proprio il primo si interessò all’acquisto della Bredalunga dopo esserne innamorato durante una visita alla cascina.
Quindi le nostre cascine non sono solo un bell’esempio di architettura, ma sono la testimonianza più solida e tangibile del nostro passato e una chiara rappresentazione della nostra identità; per questo sarebbe stato bello vedere presenti a Bredalunga anche le istituzioni del territorio, trovare parroci e prelati del circondario accorsi per assistere al recupero di una chiesa restituita alla comunità: avrebbero sicuramente trovato un nutrito numero di persone presenti, alcune commosse nel ricordo personale di quelle mura, altre curiose di scoprirle, altre ancora in preghiera nell’oratorio restaurato.
Poco sopra si parlava di progresso. Il maestro Verdi scrisse (riferito alla musica, ma applicabile in generale) “Torniamo all'antico e sarà un progresso”; con ciò non si vuole entrare nella schiera dei laudator temporis acti, dei cultori del “si stava meglio quando si stava peggio”. Ma un fondo di verità in questa chiosa si trova, perché il progresso non è sempre e solo costruire qualcosa di nuovo, ma anche comprendere il valore di ciò che abbiamo già tra le mani, valorizzare le radici su cui costruire il futuro.
Si parla tanto di riscoperta del territorio, di un’offerta di turismo cosiddetto ‘delle radici’: ecco, Bredalunga sia lo stimolo in primis per la politica, ma non solo, di riflettere sul modo di tenere in vita queste strutture antiche, cariche di umanità e di storia delle nostre terre. Nel bene e nel male, ma sicuramente da non lasciar morire nell’oblìo.
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