Cremona ha bisogno della Liuteria per far emergere la propria identità, ma altrettanto la Liuteria ha bisogno di Cremona per non essere una realtà priva di radici
La bella intervista al Prof. Fabio Perrone mette in evidenza un serio problema della liuteria: problema antico che si ripresenta puntualmente quando il rapporto fra i Liutai e Cremona sembra incrinarsi. Ritengo che il contributo del Prof Perrone, in quanto perito di strumenti musicali di grande esperienza e competenza, stimoli i nostri Maestri a riflettere che cosa sia un brand e come questo possa essere una garanzia: uno strumento di salvaguardia per il loro lavoro.
A me, al massimo, corre l’obbligo di ricordare come il brand abbia il compito di “caratterizzare un’azienda rispetto ad altre per salvaguardarla dalla concorrenza”. Il “marchio” diviene un contrassegno a garanzia d’autenticità. In tal senso e in questa specifica ottica l’intervista al Prof. Perrone gli consente di analizzare puntualmente l’argomento. Pertanto, è doveroso confrontarsi con le sue argomentazioni.
Ritengo però che, trattandosi di questione che incide, oltre sull’identità degli strumenti, sull’economia debba essere affrontata da chi, come Maestro Liutaio a Cremona, vive del proprio lavoro. Indubbiamente, il tema ha risvolti culturali da non sottovalutare, ma la logica di mercato, come ben evidenziato dallo stesso Prof. Perrone, ha una valenza prioritaria. In questo momento storico, in cui la cultura si genuflette all’economia, l’argomento è certamente di estrema importanza. Anche in questo ambito il “cui prodest?” non è da sottovalutarsi e l’intervista certamente puntualizza molteplici caratteri.
Non tocca quindi a me, che da anni percorro altro sentiero per affrontare i problemi della liuteria, esprimere giudizi che potrebbero essere fuorvianti. Non ho competenze in materia. Passo quindi la palla, come si suol dire, ai Maestri Liutai. Per loro il tema sarà certamente di grande interesse: sarà come affrontare la costruzione di un ponte o di un’autostrada, percorsi che accelerano tempi. Si sa: il tempo è denaro!
Il riferimento è fatto solo per dire che io mi limito ad un percorso di minor importanza: batto una di quelle stradine in cui si inciampica ogni tanto nella vegetazione e a mala pena si riesce a districarsi dai rovi per ritrovare il percorso. Tant’è: il mio ruolo da sempre è stato quello di chiedersi dove e quando la liuteria incontra il problema dell’arte e come la città di Cremona autorevolmente ancora oggi possa ritenersi sede privilegiata di un’arte a servizio di altra arte: la musica.
Chiedo venia se il mio percorso è totalmente estraneo alle questioni legate al “marchio”. Comprendo comunque bene quel lettore che, non interessato a seguirmi in questo percorso, sin da ora si dispensi dal seguirmi. Purtroppo, la filosofia in particolare del XX secolo si è compromessa con ideologie che sono state ben altro che marchi nei confronti della storia: hanno assunto la funzione di vere e proprie camice di forza. Così, ad essere marchiato è stato l’uomo. Se il lettore, forse all’epoca del liceo, ha avuto esperienza di tali concezioni ben lo comprendo se rifiuta di condividere con me anche la mera domanda: la liuteria è arte?
Io batto però questo sentiero per scoprire la nobiltà di una forma estetica essenziale, come già ho fatto cenno, alla musica. In cosa consta la sua essenzialità? Nessun quadro viene individuato in una stanza buia, analogamente una musica ha necessità d’essere eseguita con uno strumento perché se ne abbia la percezione. Quando lo strumento, come nel caso dalla liuteria, possiede un timbro specifico che ben consente alla musica d’essere eseguita, il suono non è mero dato sensibile (acustico) che permette ad un brano musicale d’essere fruito. Il timbro diviene elemento non solo essenziale a tale scopo (la ricezione), ma caratterizza la fruizione. Certamente, il compositore e l’interprete costituiscono di per sé i referenti dell’arte musicale, ma la musica rimarrebbe su uno spartito / partitura e senza interprete. Lo strumento musicale, nel consentire la fruizione, impone la propria identità. Così, accade che oggi molti esecutori, prima di un concerto, dichiarino quale strumento stanno suonando. Ciò è detto non solo per omaggiare il maestro liutaio che l’ha realizzato, ma perché l’interprete è debitore al proprio strumento di cui egli si avvale per la sua esecuzione. Forse lo stesso Heidegger, che distingue l’arte dagli attrezzi, nei confronti degli strumenti musicali dovrebbe fare un’eccezione. L’attrezzo, una volta assolto il proprio compito, svela la sua natura di essere un semplice mezzo, lo strumento musicale non è un semplice utensile, ma possiede un timbro che dà vita alla musica.
In cosa consta il giudizio estetico attento al timbro? Come ogni arte il Maestro Liutaio deve al proprio “immaginario” il suo progetto e la sua realizzazione. Si avvale certamente del proprio saper-fare, delle competenze e delle molteplici acquisizioni, che costituiscono a diverso titolo il suo mondo, ma è il suo immaginario ad andare alla ricerca di un suono particolare che evidenzi il rapporto fra musicista ed interprete, fra questi e chi ascolta.
L’opera d’arte, nel nostro caso lo strumento musicale, s’impone: è presente in tutta la sua concreta realtà e manifesta la propria identità. Il fruitore si affida all’interazione fra l’esecuzione e la sua “immaginazione” che, al pari di quella dell’artefice, è unica ed irripetibile. Il Giudizio estetico, come ben ha evidenziato Kant, è giudizio “riflettente” e, diversamente dalle argomentazioni scientifiche o teoretiche, non è condivisibile. Utilizziamo termini per esprimere la nostra partecipazione all’evento estetico, ma l’intima fruizione rimane esperienza unica ed irripetibile: non può essere esibita perché appartiene alla sfera dei sentimenti.
C’è un’ulteriore argomentazione: l’arte, come la scienza, non ha confini. Il fatto di abitare a Cremona non decide del valore di un liutaio; un liutaio straniero attraverso la frequentazione della grande tradizione liutaria cremonese può avere acquisito competenze e sensibilità estetica che di gran lunga superano quelle di un collega locale. Qui mi arresto perché il tema da anni è stato oggetto d’attenzione dei maestri liutai e a loro spetta esprimere un giudizio. Per altro mi corre l’obbligo di far riferimento anche ad altre trazioni di pregio: italiane e straniere. Inoltre, la stessa tradizione cremonese, a motivo della presenza di eccelsi maestri liutai, rappresenta una realtà molto variegata. Parlare di scuola è riduttivo. Da ultimo, rimane il “gusto” soggettivo ad esprimere un giudizio.
Ciò non ci esime dallo studio puntuale della storia della liuteria, della critica estetica che tenta un avvicinamento alla poetica di ciascun autore.
Per quanto concerne la storia oltre la documentazione, che abbisogna di ricerche accurate, puntuali e mai affrettate, lo studio dello storico deve abbinare due percorsi: uno storico-culturale, proprio delle competenze umanistiche, ed uno scientifico. Come non ricordare poi che i due percorsi si vanno articolando attraverso ramificazioni attente ad una lettura sempre più specifica e particolarizzata? Non va neppure dimenticato che ogni scienza positiva è sempre aperta a nuove sperimentazioni ed è sottoposta a metodi di cui essa stessa deve dare prova di validità.
La storia che si avvale di competenze umanistiche, una volta accertati risultati ritenuti come inconfutabili (almeno al momento!), non si esaurisce in questi, ma si apre a letture diversificate che, nel caso della liuteria, interessano settori diversi. É ben noto come, nel costruire una lettura “potenzialmente” corretta, le arti facciano riferimento a condizioni storico-culturali fra loro molto diverse. Un esempio, nel caso specifico della liuteria a Cremona, è la connessione fra gli eventi cittadini e la grande tradizione liutaria. Molti percorsi son già stati indagati con vero successo da illustri studiosi, ma purtroppo difficilmente sono stati messi fra loro in correlazione. Così non hanno avuto ripercussioni positive sulla liuteria e sulla Città.
Inoltre: cosa effettivamente significa rispetto alla liuteria è il riconoscimento come espressione della “cultura immateriale”, riconoscimento di cui tanto andiamo fieri? La definizione abbisogna di superare le strettoie amministrative. La liuteria è espressione di cultura immateriale perché è un’arte non ripetitiva e sempre il relazione alla musica.
Da ultimo, ritengo di poter dire che Cremona è e rimarrà la città per eccellenza della Liuteria “se…”. Il presupposto positivo necessario è già stato realizzato. La Città ha diffuso la cultura liutaria in tutto il mondo e non è rimasta chiusa in se stessa. L’arte e il sapere, già l’ho detto, vanno oltre i confini dove hanno avuto origine. Rimane però da studiare le differenze che caratterizzano le diverse scuole italiane e mondiali competenze di cui Cremona deve essere depositaria: Cremona ha dato, deve anche ricevere. La liuteria presente nel mondo deve confluire in Città. Si tratta di un passaggio intermedio altrettanto indispensabile.
Ma il “se...” prevede che Cremona si riappropri della propria memoria cittadina, abbia cura di sé, sappia porre in essere quella tutela che si caratterizza come “conservazione attiva” capace di corrispondere al tempo storico-culturale: al Kairos, al momento opportuno in cui la liuteria trovi la connessione con la vita cittadina e promuova condizioni culturali che ne evidenzino la reciprocità.
Ciò detto, la Filosofia sarà da ritenersi “povera e nuda”, ma comunque sarà libera dagli orpelli di sovrastrutture che fanno della Liuteria un caso a parte, una sorta di mirabile evento casuale scollegato dalla vita cittadina. Cremona ha bisogno della Liuteria per far emergere la propria identità, ma altrettanto la Liuteria ha bisogno di Cremona per non essere una realtà priva di radici e, quel che è peggio, incapace di sviluppare tutte le sue potenzialità. Cultura immateriale non significa forse espressione culturale attiva, aperta, pronta a rivelarsi attraverso studi? Questi ultimi non sono mere curiosità intellettualistiche, ma coinvolgono una pluralità di competenze capaci di svelare l’identità del territorio. Se c’è stato per la liuteria un tempo di espansione fuori le mura cittadine, ci deve essere anche un rientro potenziato da esperienze acquisite oltre i confini urbani. Siamo tutori, ma per essere veramente custodi dobbiamo calare la cultura nel contesto per riconoscere quelle potenzialità che vanno svelate.
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