Chiude la Newar School of Violin Making che nel Regno Unito forma giovani liutai. La situazione in Italia
La Newark School of Violin Making, che nel Regno Unito forma giovani liutai, ha annunciato nei giorni scorsi la chiusura della scuola ai nuovi studenti per il prossimo anno accademico 25/26 a causa di un numero troppo esiguo di iscrizioni ai Corsi.
La Newark School of Violin Making si contende, in Europa, l'ambito formativo certificato con la Musikinstrumentenbauschule di Mittenwald, l'École Nationale de Lutherie di Mirecourt, la Schweizer Geigenbauschule di Brienz, la Scuola Internazionale di Liuteria di Cremona e poche altre realtà di rilievo. Non solo. A differenza di molte altre scuole europee abbraccia corsi di laurea in Artigianato degli Strumenti Musicali (MIC) a tutto tondo con diverse specializzazioni per liutai, tecnici di pianoforti e specialisti di strumenti a fiato che in questa scuola possono acquisire le competenze necessarie per carriere fruttuose in tutto il mondo, preservando conoscenze tradizionali, tecniche e musicali.
Gli studenti della Newark School of Violin Making hanno lanciato una petizione per protestare contro l'annuncio della chiusura della scuola e soprattutto per scongiurare che i Corsi MIC attivi dal 1972 sotto l'egida del Lincoln College, che gestisce il campus di Newark insieme all'Università di Hull, possano lasciare un vuoto formativo difficilmente colmabile.
Da una parte appaiono legittime le questioni di budget che stanno ri-delineando gli spazi di intervento didattico, dall'altra la diffusione delle conoscenze garantisce la sopravvivenza dei "vecchi mestieri".
In Italia, ad esempio, a differenza della Newark School, si è deciso di non investire un centesimo pubblico nella formazione di tecnici di pianoforti, di specialisti di strumenti a fiato, di specialisti di strumenti a percussione con il nefasto risultato di aver completamente azzerato il settore produttivo del pianoforte (eccezion fatta per la Fazioli, unica realtà a sopravvivere in Italia) e di aver creato enormi problemi di turnover nel comparto della produzione degli strumenti a fiato - e non solo - che esporta l'80% della produzione nazionale. Nel settore del pianoforte la formazione professionale sopravvive solo grazie alla lungimiranza e alla passione dell'A.I.A.R.P. (Associazione Italiana Accordatori Riparatori Pianoforti) mentre in quello degli strumenti a fiato, che prima contava almeno la presenza dei corsi della Scuola Artigiana Musicale di Tradate, è rimasta completamente sguarnita e chi nutre interesse o passione per queste discipline o va "a bottega" o cerca di mettere a frutto esperienze personali senza potersi giovare né di un percorso formativo codificato, né di una istituzione di riferimento, né di titoli professionali da poter esibire. La sopravvivenza di molti settori produttivi di strumenti musicali è stata completamente demandata all'iniziativa e alla sensibilità dei singoli artigiani o di realtà imprenditoriali territoriali che cercano di tramandare le professioni come possono, come è successo per le arpe, le fisarmoniche, gli organi, le ocarine, le launeddas.
In Italia, il settore della liuteria rimane, da sempre, quello più strutturato: oltre alla Scuola Internazionale di Liuteria di Cremona e ai Corsi storici della Scuola di Liuteria di Milano, di Torino, di Noceto, di Pieve di Cento, di Sesto Fiorentino, di Gubbio sono attivi numerosi Corsi stabili di liuteria anche all'interno dei Conservatori di Musica come al Santa Cecilia di Roma (con 30 allievi che seguono 15 ore di teoria e 150 di laboratorio pratico) o al Tomadini di Udine (con 12 allievi che seguono 90 ore di insegnamento comprendenti costruzione, verniciatura e restauro). Inoltre sono presenti Seminari e Corsi di tecnologia dello strumento ad arco proposti da illustri liutai (Claudio Amighetti al Conservatorio Pollini di Padova, Lorenzo Frignani al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, Nicola Vendrame al Conservatorio Tartini di Trieste, Tommaso Rovetta al Conservatorio Verdi di Torino, Paolo Sorgentone al Conservatorio Cherubini di Firenze, Andrea Pontedoro al Conservatorio Torrefranca di Vibo Valentia, Wanter Barbiero al Conservatorio Canepa di Sassari, solo per fare qualche esempio).
Come ha riportato recentemente l'Ansa, molti giovani hanno deciso di applicare la propria creatività a mestieri che sembrava potessero essere dimenticati, come l'artigianato musicale. Forse, almeno in Italia, servirebbe solo più attenzione e soprattutto uno sforzo riorganizzativo in ambito didattico da parte del Ministero dell'Istruzione e del Merito (MIM) per dare dignità formativa ed un riconoscimento giuridico alle nobili professioni (che in passato grazie a Bartolomeo Cristofori, inventore del pianoforte nel 1700, a Giuseppe Donati, inventore dell'ocarina nel 1853, e ai moltissimi artigiani hanno scritto la storia della produzione italiana degli strumenti musicali) che oggi riescono a sopravvivere solo grazie all'arte del "sapersi arrangiare". Per quanto concerne, invece, la situazione della Newark School of Violin Making, giunga un sentito in bocca al lupo per la petizione lanciata dagli studenti, nella consapevolezza che "you can't make an omelette without breaking a few eggs..
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commenti
Anna Lucia Maramotti Politi
13 maggio 2025 10:54
Ritengo l'intervento del Dr. Fabio Perrone di grande interesse soprattutto per la documentazione che lo Studioso fornisce. Si deve osservare come il metodo da lui seguito in ogni suo editoriale conferisca materia per un dibattito serio e soprattutto puntuale. Si tratta di un approccio che non dà spazio a congetture, ma obbliga a confrontarsi con la cronaca quando questa si converte in storia. Ciò comporta non un semplice atteggiamento retrospettivo, ma pone serie questioni per il presente e soprattutto per il futuro.
Ciò premesso, mi permetto di aggiungere una situazione incancrenitasi nella nostra Città rispetto alla Liuteria. Ogni sodalizio dei liutai è autroreferenziale o fors'anche ogni bottega vorrebbe far scuola a sè!
Volutamente evito d'affrontare il tema della politica locale.
Mi permetto solo di aggiungere due aspetti: uno politico e l'altro scientifico.
1) La politica, che poco o nulla sa della costruzione dei violini, troppe volte è intervenuta senza fornirsi di competenze adeguate. Chi effettivamente sa cosa significhi "cultura immateriale" ? Eppure Cremona ne è custode proprio in riferimento alla Liuteria. Comunque, le potenzialità per un confronto costruttivo ci sono ed è opportuno un dialogo fattivo: la politica confessi d'ignorare (a nessuno sono chieste conoscenze che non gli competono nello specifico!) il mondo complesso della liuteria, ma sia consapevole che la Città è conosciuta nel mondo come la città della liuteria. Se si chiede ad uno straniero "dov'è Cremona? " la maggior parte delle volte non lo sa; ma, se si aggiunge che Cremona è la città della grende tradizione liutaria, allora gli s'illuminano gli occhi. Tocca ai politici confrontarsi con i liutai e mantenere viva questa tradizione che dà lustro a Cremona e non riguarda solo il passato, ma che tutt'oggi è presente sul territorio. Tocca a loro incrementare la conoscenza della Città. Qui si apre un tema che va affrontato con intelligenza, competenza e soprattutto con ferrea volontà evitando ogni ignavia: indolenza o detto, con un'espressione che ben conoscono i cremonesi, "unto di gomiti".
2) La liuteria ha bisogno di un nuovo approccio alla sua "storia" e alle competenze scientifiche. Ricordo come in ambito artistico ogni settore disciplinare abbia posto in essere metodi storiografici che superano i limiti di un vecchio Positivismo Ottocentesco. La liuteria è ancora vincolata ad una visione storica che, di per sè, costituisce premessa indispensabile (la ricerca documentale e storiografica), ma non è tuttora capace di avvicinarsi al valore intrinseco della liuteria che non è solo quello di un alto artigianato, ma "talvolta" (come capita per ogni ogni settore artistico), reggiunge i vertici della poesia: "poiesis", che nessuna intelligenza artificiale può produrre.
Marcella
14 maggio 2025 15:10
Chi ha deciso di non investire nella formazione di tecnici strumentali?
Laura
14 maggio 2025 19:49
Discorso lungo... ma due dati si possono ricordare.
Primo. Il più clamoroso per Cremona, è l'aver perso la possibilità di realizzare a Palazzo Pallavicino il Centro Nazionale per il Restauro degli Strumenti Musicali dipendente dall'Istituto Centrale per il Restauro (Ministero Beni Culturali). E la politica locale c'entra. Poi, grazie al ministro Stefania Giannini, nel 2016, si è aperto a Cremona un Corso di Laurea per mettere una pezza al buco formativo enorme esistente a livello nazionale, per 5 allievi all'anno.
Secondo. Nel resto del Paese nessuna scuola è stata mai fondata nè finanziata per la formazione stabile di tecnici per la costruzione e il restauro di strumenti a tastiera, di arpe, di strumenti a fiato, di strumenti storici...
Così abbiamo perso interi settori di conoscenza, interi settori produttivi (molte imprese manifatturiere si sono spostate in Svizzera, Francia, Germania ed Austria) e la capacità di progettare e di offrire un futuro d'arte ai più giovani.
La politica può far molto se sa ascoltare chi sa (e la prof.ssa Maramotti Politi ha perfettamente ragione!) ed ha il coraggio di guardare il futuro e non le prossime elezioni referendarie. Il lavoro si crea o lo si può distruggere. Cremona aveva una Ditta di pianoforti che da 50 anni non esiste più. Questo è un dato di fatto. E mio padre ci lavorava... e con lui 400 altre persone solo a Cremona.
La liuteria che conta verte nelle medesime condizioni: basta guardare dove si fanno le Aste degli Stradivari (a Cremona, forse?), dove si certificano gli strumenti a sei cifre, dove si producono gli strumenti per i grandi musicisti.
Una riflessione è necessaria. I marchietti servono a poco se non c'è competenza: i mercati lo sanno da tempo, i politici meno.
Frank-N-Furter
14 maggio 2025 23:45
La "liuteria che conta" non è solo quella degli strumenti di Stradivari, Guarneri e altri. Il mercato di questi strumenti praticamente è sempre stato all'estero. E non è nemmeno così importante che siano all'estero le aste di questi strumenti (se non per le case d'asta, ovviamente, che hanno la loro bella fetta di guadagno ...). Sarebbe più importante che si facesse finalmente chiarezza sul mercato della liuteria contemporanea cremonese, perchè certo è vero che i "marchietti" servono a poco. Servirebbe prima di tutto una vera riforma della scuola di liuteria e, perchè no, una politica che smetta di usare la liuteria senza, il più delle volte, avere idea di cosa sta parlando. E quanto scritto a tale proposito da Anna Maramotti conferma la mia convinzione pluridecennale....sulla perdita delle conoscenze acquisite nei secoli passati, con quello che ne consegue, beh, in questo siamo a livelli di eccellenza.....
Carlo
15 maggio 2025 07:10
Per dirla con parole del mio amico Gianmaria Stelzer che ha lasciato l'Italia per fare il liutaio in Svizzera: «C’è una differenza culturale tra qui e l’Italia, dove non si supporta sufficientemente l’aspetto culturale e musicale: è difficile che un musicista e professionista possa permettersi uno strumento di lavoro realizzato da un liutaio. In Svizzera, invece, come in tutto il mondo germanofono l’aspetto delle orchestre e della musica classica è fortemente sostenuto e i musicisti professionisti in quanto tali sono pagati equamente perché il loro lavoro è considerato molto di più che in Italia».
Altra cosa.
Gli strumenti a marchio CREMONA LIUTERIA® devono:
- essere realizzati senza l’impiego di attrezzature o tecnologie industriali;
- essere verniciati senza utilizzo di verniciatura a spruzzo;
- essere prodotti senza utilizzare semilavorati industriali, esclusi ponticelli, tastiere, capotasti inferiori e superiori, mentoniere, anime e filetti;
- essere prodotti con legno di abete, acero, ebano, salice, pioppo, palissandro, mogano, cedro e/o altre essenze tradizionalmente utilizzate nella costruzione degli strumenti;
- essere costruiti nel rispetto delle tecniche di lavorazione tipiche della tradizione liutaria cremonese e sue evoluzioni.
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