27 maggio 2025

Dalla straordinaria balconata della "nuova" Banca d'Italia il panorama di quel che resta (da proteggere) della città rossa cantata da Corrado Stajano

Quant’è rimasto della città rossa cantata da Corrado Stajano o del “gomitolo rossigno” ricordato nostalgicamente da Ugo Dotti? E’ dall’attico della nuova Banca d’Italia, una straordinaria balconata sul centro storico di Cremona, che si può apprezzare quanto rimane del colore d’argilla di quei tetti che già una ventina d’anni fa Antonio Leoni vedeva minacciati da una improponibile tavolozza cromatica che nulla aveva a vedere con la straordinaria tradizione del nostro cotto cremonese. Molto è rimasto ed è tutto apprezzabile, soprattutto da questa altezza: le preziose filigrane disegnate sulle superfici dei campanili di San Pietro e Sant’Agostino, i profondi vuoti d’ombra ed i giochi barocchi su quello di San Marcellino e l’austerità romanica di quello di Sant’Agata. Ma la selva delle torrette gotiche del Duomo stride con quella moderna delle antenne sulla massiccia torre civica del Comune, ed è una foresta di esili cannule metalliche e strani fiori circolari, quella delle antenne televisive e ripetitori per la telefonia, che infesta la rossa superficie dei tetti e raggiunge il parossismo nella torre del tutto anacronistica ed artificiale posta sull’ex palazzo Stipel di via Anguissola. Qualche anno fa il soprintendente Gabriele Barucca era intervenuto pesantemente in difesa dei tetti di Cremona dall’assalto dei pannelli fotovoltaici, dopo che un amministratore comunale si era lanciato nell’invocare, in nome di un ecologismo di facciata, il fotovoltaico “su tutti i tetti di Cremona”. Aveva detto in un quell’occasione: “Vogliamo anche per Cremona i tetti coperti da pannelli fotovoltaici? I tetti presentano numerosi camini. Si ha un guadagno nel complesso pari a a zero. Il posizionamento di pannelli fotovoltaici in centro storico avrà un resa minima, però il signore proprietario della casa di sotto è ben contento. Non si può lavorare così, l’esigenza individuale qui cessa la sua funzione, ma ci deve essere un interesse superiore collettivo”. Ma era andato ancora più in là, indicando quelli dovessero essere le zone del centro storico meritevoli di maggior tutela: “via Bonomelli, via XI Febbraio, la scuola Realdo Colombo, Palazzo dell’Arte, piazza Marconi, la chiesa di San Pietro al Po, il teatro Ponchielli, corso Vittorio Emanuele II, l'ex convento dei Gesuiti, corso Campi, piazza Roma, via Manzoni, corso Mazzini, l'ex chiesa di san Francesco, piazza Lodi, corso Matteotti. Sono questi i punti strategici della città, quelli che evidenziano le sue emergenze, e che vengono restituite solamente dalla vista dei tetti dal Torrazzo: è da lì, che la città svela suoi difetti”. Ed è vero, solo da qui, da questa terrazza sul centro storico, è possibile apprezzare la bellezza di uno scenario unico ed irripetibile. E come non dare ragione ad Antonio Leoni quando, lanciando l’allarme per la nuova copertura dell’ex Casa di Bianco, solo mascherata verso il basso con la copertura in coppi verso piazza Stradivari, lamentava l’indifferenza verso il centro storico, che solo Farinacci con il suo “piccone risanatore” aveva osato fino ad allora violentare? Proteggiamo allora questo tesoro storico ed urbanistico che fa ancora di Cremona, la nostra “città rossa”.

Fotoservizio di Vanessa Maianti. La foto con il drone è di Riccardo Rizzi Maverick

Fabrizio Loffi


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commenti


Michele de Crecchio

28 maggio 2025 00:26

Davvero interessante questa recente "carrellata" sui tetti della porzione più centrale della nostra, non sempre ben trattata, città storica. Ai noti danni qui già realizzati, ormai da molti decenni, si sono, infatti, recentemente, aggiunti, almeno tre gravi ulteriori e pesanti "guasti" al tradizionale aspetto dei tetti cremonesi, tetti geometricamente costituiti da ampie e continue superfici piane a pendenza uniforme, ben coperte dai tradizionali mantelli di "coppi" di laterizio, rossi come determinato dalla composizione chimica dell'argilla cavabile nei dintorni della città. Nei Nei casi più raffinati e di miglior effetto, tali tegole si vedono ancora disposte con la particolare tecnica, detta nei vecchi manuali, e, non certamente a caso, "alla cremonese", e cioè riutilizzando, in occasione delle periodiche operazioni di "ripasso", anche i mezzi coppi rotti, nell'evidente intento di meglio stabilizzare il complesso del manto di copertura così realizzato.
Proprio nel comparto più centrale della nostra città sono state, abbastanza recentemente, , purtroppo,, apportate ulteriori e, a mio modesto, ma convinto parere, inopportune alterazioni alla forma geometrica tipica dei nostri tetti tradizionali, che sono geometricamente composti accostando tra di loro superfici piane, disposte inclinate con pendenze omogenee nelle direzioni più opportune per garantire sia l'allontanamento delle acque meteoriche che la stabilità delle tegole, nonché cercando di evitare, per quanto più possibile, sia elementi verticali sporgenti che forature verso il basso. Nella interessante ripresa fotografica fatta eseguire da "Cremona Sera" sono, purtroppo, ben evidenziati dalle riprese dall'alto, non pochi "guasti" recentemente apportati alla tradizionale forma delle coperture qui preesistenti.
Evidenti ed inopportuni "guasti" mi sembrano infatti sia le numerose terrazzine realizzate "bucando" il tetto del palazzone della "Riunione Adriatica di Sicurtà" che l'evidente sopralzo della coperture delle porzioni più settentrionali, verso via Capitano del Popolo, dell'isolato urbano che ospitava il grande magazzino della "Casa di Bianco". Il guasto decisamente peggiore mi sembra però quello proprio realizzato più di recente e, ottenuto trasformando, credo in alloggi serviti da una ampia terrazza, la ambientalmente innocua preesistente soffitta dell'edificio che fu sede, a suo tempo, delle filiale cremonese della "Banca d'Italia".
Singolare mi pare poi la circostanza che, a realizzare le due più recenti modificazioni, a mio modesto ma convinto parere, decisamente inopportune a causa della loro grave difformità dalle tradizioni edilizie locali in materia di coperture, tradizioni che ho rinomati professionisti che, in altre città, dovrebbero avere, in precedenza, realizzato opere probabilmente migliori, tali cioè da far loro attribuire, nei commenti correnti, la qualifica, credo elogiativa, di "archistar"!