18 giugno 2025

Arriva San Giovanni, le tradizioni cremonesi e quelle padane. L'erba miracolosa e i tortelli alle erbette di Castelvetro. Nel bosco di Villa Medici alla ricerca delle erbe del Santo

Ci sono tradizioni che si intrecciano e sono affini tra l’una e l’altra sponda del Po ed altre che, invece, da una terra all’altra, presentano significative, ma anche curiose e singolari differenze. Molte, purtroppo, anche quelle che si stanno perdendo. Con l’avvio della stagione estiva torna una delle ricorrenze più popolari delle nostre campagne, quella di San Giovanni del 24 giugno, impreziosita e “colorata” dallo sbocciare, lungo le rive dei fossi e nelle campagne, degli splendidi gigli di San Giovanni. Come scrive Luciano Dacquati in quella “pietra miliare” di storia delle nostre terre che è il libro “Ròbe de na vòolta – Cinque secoli di tradizioni, usanze, proverbi cremonesi” uscito nel 1960 ma sempre attuale, le immagini più popolari e tradizionali del santo lo raffigurano mentre battezza, quindi mentre purifica gli animi bagnando le persone. Ecco quindi che il passaggio alle tradizioni popolari è rapido. In sostanza la rugiada della “nòt de San Giuan”  (quella fra il 23 ed il 24 giugno) veniva considerata miracolosa e dotata di particolari poteri curativi. Al mattino i contadini si recavano di buon ora nei campi cospergendosi con la rugiada braccia e gambe al fine di fare scomparire la scabbia ed altre malattie della pelle mentre altri camminavano a lungo, a piedi nudi e nell’erba bagnata, convinti che questo li avrebbe potuti guarire da  dolori artritici e reumatici. Sempre la mattina del 24 (ma nel Cremasco questo accadeva prima) le donne uscivano di casa all’alba per fare provvista di rugiada raccogliendone il più possibile attraverso vari sistemi: tra i più comuni quello di fazzoletti distesi sull’erba bagnata e poi strizzati in qualche recipiente oppure scuotendo i mazzetti d’erba in tazze e recipienti. Quindi la rugiada veniva posizionata negli angoli più umidi della casa in modo che non evaporasse, per poi essere utilizzata nel corso dell’anno per guarire i vari malanni che si presentavano. Altra usanza, della quale da tempo si è purtroppo perso anche il significato  se non la memoria era quella di accendere falò nelle campagne (come accade ad esempio il 17 gennaio per Sant’Antonio Abate). E’ noto che il fuoco viene spesso utilizzato come elemento rituale e, in questo caso, sembra che si trattasse di richiami amorosi destinati a favorire i “fidanzamenti rusticani” tra i giovani. La ricorrenza di San Giovanni Battista era celebrata con particolare solennità anche in città, a Cremona; infatti il 23, all’una di notte, nel Seicento il Castello di Santa Croce di via Ghinaglia (di cui sono rimasti solo poveri resti) sparava numerosi colpi di cannone “per segno d’allegrezza” e, dopo il suono dell’Ave Maria, in una strada presso il castello stesso dove esisteva una immagine del santo “s’accendono gran quantità di lumi e si vedono fontane quali durano fino alle tre di notte”. A questa festa popolare accorrevano molte persone proprio per vedere tutta queste devozione. Anche in  città, già nel Seicento, di buon ora si raccoglieva la rugiada e si preparavano ghirlande con l’erba detta “di san Giovanni”. Altra usanza (questa ancora abbastanza in voga) era poi quella di raccogliere di notte, o al mattino presto, le noci ancora verdi, e quindi acerbe, bagnate di rugiada notturna per  preparare il celebre nocino, liquore molto diffuso che avrebbe, così si dice, anche il potere di rimediare ai guai dello stomaco. In terra emiliana, la sera del 23 giugno, vigilia della ricorrenza di san Giovanni, è invece usanza gustare, “sotto le stelle” i tipici (e buonissimi) tortelli d’erbetta, un grande classico della tradizione parmense. Si tratta di una  pasta fresca ripiena di ricotta, erbette (bietole o spinaci), e Parmigiano Reggiano, condita con burro fuso e Parmigiano. La notte di San Giovanni, tradizionalmente, nel Parmense la gente mangia i tortelli all'aperto, aspettando la rugiada, considerata benefica. Non si contano, infatti, le feste, che hanno come piatto forte proprio i tortelli d’erbetta, che si svolgono in tutta la provincia. Una su tutte è la “Rusada ad San Svan” che, a Pieveottoville, si tiene ininterrottamente dal 1978 su iniziativa del circolo Avis. Quest’anno è in programma domenica 22 e lunedì 23 giugno, nel parco della Casa del Donatore ed oltre ai classici tortelli d’erbetta si potranno gustare culatello, stinco, spiedini di carne ed ottimi vini. In più le serate saranno animate dalle orchestre “Marco e Alice” (domenica 22) e “Manuel Martini” (lunedì 23). Tortelli d’erbetta in  tavola anche nel Piacentino, a Castelvetro, dal 19 al 22 giugno con la festa che si terrà in piazza del Comune con ottima cucina tipica, mostre e serate danzanti. Inoltre, domenica 22, si terrà anche la premiazione del miglior nocino alla presenza dello chef, cremonese d’origine, Daniele Persegani. A proposito di erbe ed erbette, una su tutte, quella a cui sono legati non pochi aspetti leggendari e misteriosi è l’erba di San Giovanni, detta anche iperico ma anche “cacciadiavoli”. Nome scientifico Hypericum perforatum, era la pianta utilizzata per curare le ferite, usata dai Cavalieri di Gerusalemme, che secondo la “dottrina dei segni” utilizzavano piante dalla forma simile alle infermità da guarire. Era anche l’erba che nell’antichità scacciava gli spiriti del male e che ancora oggi è portatrice di buonumore, grazie ad una sostanza attiva che in Germania è tra gli antidepressivi più prescritti. Durante le crociate, i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme erano soliti curare le ferite dei combattenti con questa pianta. Lo facevano basandosi sulla “dottrina dei segni”, secondo cui le infermità d’una qualsiasi parte del corpo possono essere curate con una pianta che di quella parte riproponga la forma. H.perforatum non sembra somigliare esteriormente a nessun organo del corpo umano: se, però, si osserva una della sue foglie controluce, essa apparirà costellata di ghiandole trasparenti simili a perforazioni, cioè a “ferite”. Secondo la citata “dottrina”, poiché la foglia sembrava perforata, poteva curare le ferite, specie quelle riportate in battaglia.
H.perforatum era ritenuto utile anche per scacciare i demoni e gli spiriti del male. Nel Medioevo, veniva appeso alle finestre e sulle porte per impedire a Satana e ai suoi emissari di penetrare nelle case. Quando una donna si riteneva impossessata dal demonio, e quando nemmeno le preghiere degli esorcisti erano riuscite a liberarla, non doveva far altro che mettersi in seno alcune foglie della pianta e sparpagliarne altre nella sua abitazione.
Diversamente da H.humifusum, H perforatum non predilige i terreni ricchi di calcare.
L’ Hypericum perforatum, più noto col nome popolare di “erba di San Giovanni” perché i suoi fiori giallo-oro sbocciano a fine di giugno in coincidenza con la festa del santo, contiene una sostanza attiva, l’ipericina, che ha un’azione psicoattiva di rasserenamento dell’umore. Indicato esclusivamente, l’hypericum agisce a livello cerebrale in modo simile ai più diffusi farmaci antidepressivi di sintesi, rallentando la distruzione di alcuni neurotrasmettitori, tra cui la serotonina e dopamina. In Germania, dove la fitoterapia è particolarmente seguita, oggi l’erba di San Giovanni è l’antidepressivo più prescritto, e anche negli Stati Unito si va diffondendo a macchia d’olio, aiutata dal fatto che è in vendita come prodotto da banco senza ricetta”. Da aggiungere anche che il 24 giugno, ritenuto giorno magico, è destinato sin dall’antichità a riti esoterici, forse perché coincide con il solstizio d’estate. Proprio in un’epoca lontana va ricercata l’usanza che vede la notte tra il 23 ed il 24 definita anche come “la notte delle streghe”. Nelle campagne piemontesi, lombarde ed emiliane, molti erano i riti propiziatori, caduti ormai in disuso; ad esempio i sacerdoti in Piemonte solevano benedire i fuochi accesi dai contadini, immagine del sole, atti a propiziare i raccolti e la buona salute. Di tale vecchia e suggestiva tradizione troviamo tracce anche nella letteratura, come nella famosa opera letteraria di Cesare Pavese “La luna e i falò”. Altra credenza vuole che una talea di geranio legata ad un manico di scopa, strumento che accompagna sempre le streghe, esposta alla rugiada, fiorisca per tutta l’estate senza bisogno di terra o di acqua o che le noci tenere che servono per fare il nocino siano buone solo se colte la mattina del 24. Molti sono anche  i proverbi dialettali legati alla vita contadina del nostro paese, ricordiamone alcuni: “Se piove al dì de San Zuane se suga le fontane” (Veneto); “Par San Giuàn as cave li sigòli e l’ai” (Bassa padana), “Chi compra ai dè d’San Zvan è pùvratt tot l’an” (Bologna). Secondo un’antica credenza nella notte del 21 (solstizio d’estate) la luna si sposa con il sole e da questo sposalizio si riversano energie benefiche sulla terra e secondo tutte le antiche tradizioni la notte tra il 23 e il 24 giugno tutte le piante e le erbe sulla terra vengono bagnate dalla rugiada del santo e intrise da una potenza nuova. 

La tradizione, che si perde nella notte dei tempi, vuole che la sera del 23 giugno, dopo il tramonto, si raccolga una misticanza di erbe e fiori nei campi. Il raccolto va poi inserito in una bacinella da lasciare all’esterno per tutta la notte in modo da assorbire la rugiada del mattino. La mattina  del 24 giugno, l’acqua di San Giovanni viene quindi utilizzata per lavare mani e viso, come rituale propiziatorio e di purificazione. La tradizione narra che l’acqua abbia proprietà curative e protettive, porta salute, fortuna e prosperità, allontana malattie e calamità e protegge i raccolti dei campi. All’ Acqua di San Giovanni è anche legato un evento in programma in terra cremonese, lunedì 23 giugno, a San Giovanni in Croce. Infatti nella meravigliosa cornice di Villa Medici del Vascello, dopo un’escursione serale nel bosco in cui rivivere l'atmosfera magica di questa notte speciale, i partecipanti prepareranno insieme l’acqua di San Giovanni con fiori ed erbe spontanee del  bosco, ricreando un antico rito di buon augurio che, secondo la leggenda, porta fortuna e prosperità nei raccolti, allontanando malattie e calamità.
L'attività avrà inizio alle 21 ed avrà una durata di 90 minuti.  Ai partecipanti è richiesto di portare un contenitore per la raccolta di acqua e fiori e l’evento è organizzato  in collaborazione con Antonella Ziliani dell'azienda agricola "Jenny Green". Essendo i posti limitati, è richiesta la prenotazione che è possibile scrivendo a segreteria@villamedicidelvascello.it o contattando il numero 370 337 9804.
Ecco infine l’elenco delle erbe di San Giovanni:

1)  Artemisia (Aremisia vulgaris)
2)  Rosmarino (Rosmarinus officinalis) – rugiada del mare protegge dalla negatività
3)  Iperico (Hipericum perforatum) – ovvero “caccia diavoli”
4)  Prezzemolo (Petroselinum sativum) – purifica e protegge
5)  Lavanda o spighetta (Lavandula officinalis) – la sua spiga è considerata un amuleto che protegge da disgrazie, ossessioni e demoni
6)  Aglio (Allium sativum) – che respinge streghe e vampiri. Plinio la cita come guaritore di molti mali.
7)  Menta (Mentha spp.) – erba santa
8)  Ruta – detta anche “erba allegra” perché è un efficace talismano contro il maligno
9)  Verbena – simbolo di pace e di prosperità
10) Salvia – (Salvia officinalis) lingua vegetale

Eremita del Po

Paolo Panni


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