"Cremonesi Così". Il primo appuntamento è con Sandrone Dazieri, scrittore e sceneggiatore. Il rapporto complicato con la città del Torrazzo e quella volta che Vialli gli prestò lo smoking
"Cremonesi Così" era una bellissima rubrica di racconti del quotidiano "La Provincia" su un'idea di Fiorino Soldi, portata avanti all'inizio degli anni Sessanta dal carissimo amico e collega Gian Paloschi con mano attenta ed efficace. Poi è diventata anche un libro con la prefazione di Sandro Rizzi, cremonese, all'epoca al Corriere della Sera. Raccontava di personaggi e protagonisti cremonesi che abbiamo conosciuto e amato. Con Beatrice Ponzoni, fin dall'inizio uno dei protagonisti del successo di "Cremonasera", abbiamo deciso di ridare vita a quella storica rubrica con i cremonesi degli anni Duemila. Cremonesi doc ma anche acquisiti che però hanno nel cuore, nel loro lavoro e nei sentimenti la nostra provincia. (m.s.)
Inizia una nuova avventura per CremonaSera che ci condurrà in un viaggio alla scoperta di personaggi che hanno la parola Cremona scritta nel loro percorso di vita: “Cremonesi Così”. Sono molte ed interessanti le figure che, in vari modi, hanno contribuito a far conoscere la realtà di Cremona in Italia e nel mondo, noi vi porteremo da loro.
Il primo incontro è con Sandro Dazieri, nome d’arte Sandrone Dazieri, nome acquisito ai tempi del Leoncavallo e rimasto all’anagrafe delle copertine dei suoi libri. Dazieri è tra gli scrittori e sceneggiatori più apprezzati d’Italia, una vita vissuta in modo intenso, autentico, alla ricerca dell’angolazione da cui osservare la realtà, uno sguardo che lui stesso definisce da rospo, proprio per la capacità di starsene in disparte e di vedere molto bene. Domenica 8 giugno chiuderà il Porte Aperte Festival di Cremona.
Nato a Cremona nel 1964, dopo il diploma all’Istituto Alberghiero, dieci anni come cuoco, decide di cambiare strada e diventa giornalista. Inizia la sua quinquennale collaborazione con Il Manifesto fino al suo esordio come scrittore. Nel 1999 pubblica il suo primo romanzo Attenti al Gorilla (Mondadori) che incoronerà il “Gorilla” eroe metropolitano e schizofrenico. Della saga noir fanno parte altri cinque romanzi e dal secondo, nel 2006, è stato tratto il film La cura del Gorilla con Claudio Bisio girato anche sul Po.
Nel 2014 esce con Uccidi il Padre, il primo libro della trilogia thriller di Dante e Colomba di cui fanno parte anche l’Angelo e il Re di Denari: una saga di grande successo, tradotta in più di venticinque Paesi, che consacra Dazieri tra i più grandi autori contemporanei di thriller, in testa alle classifiche di vendita in Italia, Regno Unito, Francia e Spagna. Non dimentichiamo Il male che uomini fanno, uscito per HarperCollins Italia. Per citare solo alcuni dei suoi lavori.
Sandrone Dazieri ha sceneggiato vari film e serie televisive di successo, tra le quali Squadra Antimafia e Paolo Borsellino.
Nel 2024 diventa opinionista a FarWest, programma d’inchiesta condotto da Salvo Sottile.
In questi mesi è alla ribalta con il suo ultimo libro Uccidi i ricchi (Rizzoli), un thriller adrenalinico che si legge tutto d’un fiato in cui si intrecciano omicidi, segreti, potere e segna l’atteso ritorno di Colomba e Dante. La narrazione è in terza persona al presente, cattura dalla prima riga. Gli eventi si susseguono in una tela di dinamiche relazionali. Dazieri brillante nelle sue descrizioni e con la sua passione geniale per la scrittura incolla alla pagina i lettori con la dura realtà. Impossibile sfuggire.
Da qui inizia il mio primo incontro. Sandrone Dazieri mi apre le porte della sua casa studio a Milano est, in una giornata dal cielo blu tipico dei film, il tepore di una piacevole mattina di metà primavera in cui regna sovrano il profumo di gelsomino. Quasi non mi sembra di essere nella city. Non nascondo l’incredibile curiosità. Ed eccolo alla porta. Mi chiede: “Ci diamo del tu?”, rispondo: “Volentieri!”. In un attimo sembra di essere a casa di un amico con cui raccontarsi. Il tempo di un caffè per essere rapita dalle pareti di libri che adornano i muri del suo loft. Tento di contarli ma è impossibile. C’è persino un tapis-roulant accanto alla libreria. “Mens sana in corpore sano” (penso, in realtà borbotto ad alta voce) tanto che Dazieri mi risponde: “Quando decido di rimettermi in forma mi alleno”. Conversiamo di politica italiana, estera, qualche accenno sui terribili femminicidi che stanno accadendo e le sue parole sono molto accorte e misurate. Nessuna ostentazione. Gli chiedo se ha hobby che lo appassionano e lui mi racconta della sua passione per la musica, ama suonare la batteria elettrica che si trova al piano superiore della casa, poi sorride e mi confida che non ama fare nulla che non meriti di essere coltivato e questo amore lo prova solo scrivendo.
È un uomo di cui immediatamente si percepisce la consistenza, tipica di chi ha compiuto tutti quei passi che, un tempo, avremmo definito gavetta, fatta di sacrifici, sofferenza e tanta fatica. Orfano di padre in giovanissima età, si approccia alla vita con quell’inquietudine particolare di chi desidera avere tutte quelle risposte di cui spesso necessitano le persone che provano l’esperienza del lutto da piccoli. Nonostante l’aspetto pragmatico è facile intuire nel suo sguardo una straordinaria sensibilità.
Lo osservo e partiamo con l’intervista.
Nasce spontanea una domanda: Come mai il titolo Uccidi i ricchi?
Ho scelto questo titolo proprio perché è impattante e perché è il tema centrale dell’indagine.
Un thriller adrenalinico che segna il ritorno di Dante e Colomba. Perché questa scelta?
Sono tornati perché una volta che crei dei personaggi rimangono nella tua testa e quando nasce spontaneo chiedersi cosa stanno facendo adesso, è il momento di ricominciare ad utilizzarli, quando ho cominciato a pensare alla storia di “Uccidi i ricchi” ho capito che loro due sarebbero stati adatti ad affrontare l’indagine. Loro rappresentano i due lati della giustizia. Perfetti per vedere i due lati differenti della stessa storia.
Nelle tue pagine fai una scelta precisa: racconti lo spirito del tempo. Che tempo stiamo vivendo?
Non ricordo tempi non complicati. Sicuramente gli storici ricorderanno questa fase come un momento di grande cambiamento: quello in cui si passa da un sistema economico globale di un certo tipo ad un altro sistema economico dove esistono i super ricchi che controllano le nuove tecnologie con i nuovi servizi che offrono al mondo.
Quanto è importante l’utilizzo delle parole che viene fatto nel quotidiano?
Parlare a sproposito credo che, per qualcuno, rappresenti una sorta di necessità. Purtroppo nel mondo di oggi è passato il concetto che, pur non sapendo nulla, tutti possono parlare di tutto. Tutto viene ridotto a slogan e lo vediamo anche in politica. Tutti urlano e chi vuole approfondire fa fatica. Non è un sistema che condivido.
Ho letto che non ami il calcio ma, una volta, Gianluca Vialli ti ha prestato uno smoking per una festa. Com’era il vostro rapporto?
Eravamo in terza media siamo stati invitati ad una festa in cui era richiesto di vestirsi bene e lui me lo prestò. Ci siamo persi di vista negli anni per ritrovarci poco prima che morisse. Ci siamo scambiati messaggi sulla lettura dei nostri rispettivi libri.
Tu sei nato a Cremona e tra qualche giorno ci tornerai. Cosa provi per la città che ti visto nascere?
A dire il vero con Cremona ho un rapporto un po’ complicato. Sono scappato all’età di quattordici anni e come scrittura non mi sono mai sentito adottato. Penso a Camilleri ed al suo affetto per Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Cremona è sempre stata diffidente nei miei confronti anche se ho raccontato di luoghi cremonesi in alcuni dei miei romanzi. Purtroppo, però, non ho mai avuto riscontri.
Sei un osservatore dei cambiamenti della società. Che consigli vorresti lasciarci?
Viviamo un periodo di cambiamento, siamo nella seconda rivoluzione industriale, il tempo del digitale, della smaterializzazione delle merci, il mondo della connessione globale ed è un mondo diverso rispetto a quello del Novecento. Ciò che oggi dà potere è il controllo dei dati, le comunicazioni e le reti satellitari, cose immateriali che, però, sono centrali nelle economie dei Paesi.
Forse, il segreto per vivere al meglio è quello di essere in grado di uscire dal gioco, comprendere ciò che sta accadendo con esattezza e fare scelte che, magari, vanno nella direzione opposta a ciò che ti dicono.
Credo che la lettura resti sempre una straordinaria forma di libertà alla ricerca dell’indipendenza di idee che non ferisce ma accresce l’anima.
I particolari dell’intervista li troverete nel video.
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